Acqua, ancora acqua

Durante l’esperienza in Kenya siamo stati dentro al cratere di un vulcano, il Magado. I colori dell’acqua rimasta e la vastità del luogo affascinano fin da subito. A piedi si può scendere nella valle, dove, là in fondo, si trovano gli animali al pascolo. Qualche pastore controlla il tutto, con aria volutamente distante da noi che turbiamo l’equilibrio naturale delle cose.

Al di là della magia del luogo, c’è un altro ricordo di questa giornata. Per arrivare al vulcano ci vogliono due ore buone di strada non asfaltata da fare rigorosamente in jeep. La polvere entrava dappertutto e si stratificava su vestiti e pelle. Non so quante volte ho dovuto pulire gli occhiali. Nel tragitto siamo passati in mezzo a due villaggi sperduti nel nulla. Da chiedersi cosa faccia lì quella gente. Impressionante. Poi la visita al Magado e il ritorno. Altre due ore in mezzo al pulviscolo bianco. Eravamo tutti stanchi, con le ossa che facevano male e incapaci di respirare nella foschia. Arrivati a Isiolo, il nostro amico Enrico si è fermato in un bar. Ricordo l’emozione di trovare acqua corrente, quella dei lavandini del bagno. Ciascuno di noi ha fatto a turno per almeno cinque minuti per lavarsi il viso, le mani e le braccia. Una sensazione unica. L’acqua di un bagno di un bar come fonte di ristoro assoluto. E, improvvisamente, ci è tornato addosso il sorriso.

Ogni volta che entro in un bagno mi torna in mente questa scena. L’acqua di un bar, per noi banale e scontata, è diventata in un attimo fonte di rinascita. Sensazione bellissima.

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